Il colore e la teoria del tutto: possibile?

“Colore! Croce e delizia… soprattutto quando non c’è una Teoria del tutto per unire la componente del significato oggettivo a quello soggettivo.

Così come siamo ancora lontani nel mondo della fisica, lo siamo anche nel mondo del colore.Gli ultimissimi studi sul colore “What Does Your Favourite Colour Say About Your Personality? Not Much” e “What emotions do colour represent”, entrambe condotte dalle ricercatrici Domicele Jonauskaite e Christine Mohr, smontano le classiche convinzioni sul colore.

Nella prima ricerca si evince che il nostro colore preferito non ci caratterizza poi più’ di tanto e che non c’è un emozione che si possa realmente rappresentare attraverso una tinta.

Prendiamo il rosso: se ci piace non vuol dire che sono una persona passionale ed estroversa, così come non vuol dire che il rosso mi trasmette l’amore. Può succedere tranquillamente il contrario, così come succede in natura. Il rosso spesso significa pericolo se colora un fungo velenoso, o maturazione se è il colore di una fragola pronta per essere mangiata. Nel regno animale ad esempio, è usato per indicare aggressività, ma anche predisposizione all’accoppiamento.Il significato del colore è arbitrario e per imparare il suo simbolismo, sia nel regno naturale sia in quello artificiale, lo facciamo attraverso l’apprendimento. Quando “ci va bene” riceviamo un’educazione al riguardo, altrimenti andiamo per prove ed errori… sperando di non lasciarci le penne! Vedi un semaforo non rispettato attraversando la strada.

 

I colori si fanno carico di secoli di storia e tradizioni ed i loro significati entrano a far parte dell’inconscio collettivo, diventano un’etichetta bon-ton da usare nei luoghi pubblici, per parlare un linguaggio condiviso che ci integri in una comunità fatta di regole e strutture.

La parte un po’ più capitalista e consumatrice invece detta regole nuove ogni anno, così col passare delle mode, avvertiamo anche il tempo che scorre, imponendoci un’obsolescenza programmata sempre meno sostenibile, sia economicamente che ecologicamente.E come ci districhiamo dentro questo mondo complesso quando si arriva a parlare in prima persona?

“Io cosa penso rispetto a quel colore?” Al di là della cultura, delle mode, di cosa dice la scienza: “Io cosa sento quando sono in presenza di questo colore indossando un vestito, guidando una macchina, quando dormo in una camera d’albergo, quando lo indossa una persona?”

Amore, noia, pregiudizio, interesse, orgoglio, piacere, paura, disgusto, vergogna, ammirazione, sensi di colpa, tristezza, compassione?

Perché è proprio cosi che funziona e su questo siamo tutti d’accordo: interpretiamo la realtà attraverso il filtro della nostra vita: le nostre esperienze passate. E, aggiungo, così succede anche con i colori.

L’amore che sentiamo verso un determinato colore così è collegato ad esempio, alla persona che lo indossava di cui ci siamo innamorate, oppure al contrario, se siamo stati coinvolti in un brutto incidente, ci siamo spaventati e abbiamo provato angoscia, allora quel colore sarà in grado, ritrovandolo successivamente, di farci provare una Sindrome di Stendhal, mentre stiamo serenamente guardando una mostra d’arte contemporanea.I colori sono come dei tasti che possono sollecitare in noi le emozioni più belle che abbiamo mai provato, e allora una foto su una rivista ci piace da impazzire, oppure gli eventi più dolorosi, e screditare così il duro lavoro del nostro architetto quando ci ha progettato la nostra casa secondo il suo stile e la sua scala cromatica!

I colori sono parte di noi e, per analogia, parlano una lingua che solo noi possiamo comprendere!La soggettività batte l’oggettività quando parliamo di colore, la propria storia personale batte il suo significato culturale. Davide contro Golia? Decisamente sì.

Soprattutto quando pensiamo ai luoghi che quotidianamente ci contengono, palcoscenico della nostra quotidianità, dei nostri fallimenti e delle nostre debolezze. In questi spazi dobbiamo sentirci davvero a casa, accolti e protetti, e non in un contenitore fatto di arredamenti e tinte neutre omologate e spersonalizzate, lontano dalla nostra vera essenza.

La soggettività del colore ci permette di guardare le cose come stanno, partendo dal singolo. Dall’intimo. Dalle proprie necessità.

Iniziamo ad abituarci anche a questa prospettiva… “è quella più vicina al nostro significato di benessere!”

Articolo scritto da

Andreea Raluca Hartea, consulente colore e fondatrice del progetto Rah Colours.
Andreea organizza per MEM il corso Indentità cromatica: cos’è e come utilizzarla, prossimo appuntamento martedì 22 novembre, scopri di più qui.