Caterina Malinconico: Progettazione con il Design Thinking

Abbiamo intervistato Caterina Malinconico, architetto, esercita la libera professione ed è specializzata in formazione didattica.

In questa intervista ci illustra come migliorare la progettazione degli spazi artificiali attraverso il Design Thinking, una modalità progettuale che mette al centro del progetto le persone ed i loro bisogni, tema che approfondirà durante il percorso: “Progettazione e psicologia nella casa” strutturato appositamente per MeM in collaborazione con la Dott.ssa Micalizzi.  

 

MeM: Buongiorno Arch. Caterina Malinconico, avrebbe piacere di presentarsi ai lettori di MeM?

C.M.: Certamente, sono Caterina Malinconico architetto e oltre alla professione, mi sono sempre occupata di formazione didattica sia come docente specializzandomi in formazione, sia sviluppando progetti con aziende sulla ricerca ed innovazione.

Attualmente sono direttrice di SOUX Milano – Scuola di Architettura per bambini di Mario Cucinella e Caterina Malinconico, corso mono settimanale per bambini dai 7 ai 12 anni con sede a Milano. Sono docente di progettazione architettonica in alcune accademie quali l’Accademia Belle Arti di Sanremo sede milanese, Accademia di design e comunicazione visiva Abadir a Catania e con l’Accademia del lusso svolgo docenza al master in “Sustainable economics of global business”. Sono stata coordinatore didattico del corso triennale in Interior design e Scenografia degli Eventi dello Scuola di Design  dello IED Milano dal 1998 al 2021 per poi coordinare nel 2022 il Master  SOS – School of Sustainability, di Mario Cucinella

Il prossimo obiettivo è di lavorare con MEM e condividere tutte queste esperienze insieme.

 

MeM:Com’è nata questa interessante collaborazione con la Dott.ssa Micalizzi?

C.M.: Con Alessandra ci siamo incontrate perché le ho proposto una docenza al corso triennale in IED nell’ambito della Sociologia dei consumi e da lì abbiamo collaborato anche in altri ambiti come un evento al Salone del Mobile 2021, per un progetto sull’abitare.

Da quell’esperienza abbiamo compreso le tante affinità dal punto di vista professionale, Alessandra ha un “taglio”psicologico complementare al mio, che è molto progettuale, ed entrambe condividiamo in primis le necessità di rispondere sempre bisogni dell’utente che vive lo spazio.

Secondo noi, fondere le due professioni e soprattutto i due punti di vista, che sono fortemente complementari, è una soluzione ottimale, per cui abbiamo deciso di continuare questa collaborazione.

 

MeM: Sì, abbiamo affrontato questo tema con la Dott.ssa Micalizzi durante la sua intervista su come la collaborazione tra architetto e psicologo ambientale diventi sempre più fondamentale e di come sia complesso proporlo in Italia.

Progettazione consapevole significa personalizzazione, comprendere i bisogni degli utenti che frequenteranno lo spazio diventa una necessità per la realizzazione di un buon progetto. Durante il MeMDAY del 2 ottobre, ha accennato ai principi della metodologia del design thinking, un approccio vincente per progettare con metodo e creatività, potrebbe illustrarcelo brevemente?

C.M.: Il Design Thinking è una modalità progettuale fondata da IDEO, un grande studio americano e poi adottato da tanti studi di progettazione, una disciplina che mette al centro del progetto le persone ed i loro bisogni, definita Human Center Design.

Il Design Thinking si fonda sulla ricerca dei bisogni dell’uomo, quindi del cliente.

In questa intervista parleremo degli spazi residenziali, ma è una metodologia progettuale che può essere declinata per qualunque tipo di progetto che sia un bar, un ristorante, una banca, una palestra, un’abitazione.

Di base la ricerca si fonda su tre grandi assi: Brand, User e Product per poi concludersi con la realizzazione di un concept che risponde alle esigenze di brief del cliente e/o azienda. Avrei piacere di parlarvi del Brand anche se nel residenziale non viene applicato, ma credo sia molto interessante per i progettisti che ci leggono, perché viene spesso utilizzato quando si collabora con aziende.

Per prima cosa è fondamentale comprendere quali sono le esigenze del Brande i suoi valori, iniziamo quindi la ricerca partendo dall’analisi dei valori del brand value, brand image, brand equity, competitor diretti e indiretti, per comprendere così, con l’ausilio di tutta una serie di tool, quali sono i suoi punti di forza, per poi rafforzarli, e i suoi punti di debolezza, risolvendoli.

Il Design Thinking ha una particolarità molto interessante: si configura come modello progettuale volto alla risoluzione di problemi complessi attraverso visione e gestione creativa.

Durante il corso affronteremo il tool dello User denominato User Journey. Si sottopongono delle interviste, in presenza o online, agli abitanti che vivranno quello spazio, si dividono in cluster per poi definire una “personas” tipo su cui faremo la sua User journey.

Con questo tool capiremo effettivamente gli User Need ed i Pain Point degli abitanti dello spazio su cui poi potremmo andare ad intervenire progettualmente.

Lavorando spesso in abitazioni collocate nelle grandi città, ci confrontiamo con case molto piccole, è quindi necessario considerare delle funzioni aggiuntive che potrebbero essere implementate con pareti mobili, arredi multifunzionali o soppalchi, cioè tutte situazioni che non lavorano sullo spazio in sé per sé ma sulla flessibilità, ovviamente tenendo sempre presente le normative.

Negli ultimi anni, dalla ricerca condotta in collaborazione con gli studenti, dalle interviste sottoposte e dallo studio dei flussi esistenti, abbiamo comprendeso quali sono le nuove esigenze. Ammetto che ci sono dei nuovi bisogni, abbiamo riscontrato ad esempio, che nel 99% dei casi, lo spazio riservato alla tv non è più necessario, a causa dell’avvento dei tablet.

Altra dinamica emersa è la grande esigenza del verde, che sappiamo favorire il benessere in casa, oppure la scelta di colori che donino tranquillità e serenità.

Un altro aspetto veramente peculiare emerso è la grandissima richiesta di spazi dove potersi allenare, dove poter coltivare il proprio benessere dal punto di vista corporeo e mentale come: luoghi di lettura, per cucinare, disegnare, studiare, dipingere, dove per coltivare i propri hobby.

 

MeM: Ma non sempre i vani della casa hanno delle caratteristiche dove poter svolgere queste funzioni…

C.M.: Infatti, e qui si innesca un’altro problema che è la luce, soprattutto naturale, fondamentale per il benessere della persona, e quindi l’esigenza di progettare tenendo conto di questa importante variabile. Dalle interviste si evince che le persone vivono in casa soprattutto dopo il lavoro, per cui quando la luce naturale non è più disponibile, è importante quindi intervenire anche con un’ottima progettazione della luce artificiale. Quindi dopo brand e user l’ultimo step è Product.

A questo punto si attiva un’analisi approfondita dello spazio, scomponendolo e ricercando i materiali esistenti, i colori e le finiture, così come le funzioni dei mobili presenti in casa che spesso hanno più funzioni per sopperire il poco spazio a nostra disposizione.

Il tavolo, ad esempio, ha una funzione aggregativa ci mangiamo o cuciniamo con la nostra famiglia ma anche altre funzioni, come seguire una riunione di lavoro piuttosto che di far fare i compiti ai figli…

Quindi la scelta del mobilio verterà sulla ricerca di complementi molto flessibili.

Vorrei condividere un aspetto molto interessante per chi ci legge: per partecipare a un concorso, una volta l’output era subito progettuale mentre oggi la richiesta è che il progettista, dopo un’attenta  ricerca, consegni  un concept rispondente al brief e successivamente la proposta progettuale.

Per poter generare un concept che risponda alle esigenze del committente, è necessario avere un metodo progettuale che inizia con l‘analisi del Brand, User e Product e termina con lo sviluppo di un concept innovativo che soddisfi le richieste del brief.

La User Journey è strutturata con dei Touch Point che sono le azioni dell’utente quando entra in casa.

Tanti sono gli esempi di grandi aziende che usano questo tool, soprattutto nel mondo del retail, basti pensare al progetto Amazon Go che ha risolto il grande problema delle file alle casse dei supermercati, che è risparmio di tempo.

 

MeM: Ha parlato di User Need e di Pain Point, ad esempio negli spazi residenziali, quali sono i Pain Point?

C.M.: Precedentemente nella progettazione d’interni non si prendeva sempre in considerazione l’esposizione della luce, o meglio la doppia esposizione.

Quando acquistiamo una casa dovremmo sempre tener conto di questo fattore, perché banalmente con una doppia esposizione possiamo creare un ottimo riciclo dell’aria, con un risparmio non tanto economico, ma sulla qualità della vita degli abitanti.

Un altro Pain Point che spesso si evince dall’analisi della User Journey è il locale bagno, spesso, a causa delle piccole metrature, ne troviamo un solo, se presente un secondo è quasi sempre di servizio.

Il bagno diventa un Pain Point, perché utilizzato, quasi alla stessa ora, da tutti gli abitanti.

Con una corretta progettazione si potrebbero risolvere il problema dell’uso contemporaneo degli utenti, prevedendo nell’antibagno la presenza di  due lavabi e della doccia, affinché tutti gli utenti possano svolgere le azioni fondamentali contemporaneamente.

Un altro Pain Point è la mancanza di una zona studio dedicata agli studenti che seguono le lezioni online, problema risolvibile con la progettazione di piccole capsule creando una barriera acustica cosi da non disturbare eventuali occupanti dello spazio.

 

MeM: Non vediamo l’ora che inizi questo percorso fortemente voluto da tutti noi di MeM perché necessario, grazie mille Arch. Caterina Malinconico.

C.M.: Grazie a voi dell’invito a partecipare in MeM.

 

Se anche tu desideri implementare le tue competenze con il design thinking e creare spazi altamente personalizzati iscriviti ora al percorso strutturato dall’Arch. Caterina Malinconico e dalla Dott.ssa Micalizzi oppure iscriviti direttamente qui, non è mai troppo presto per partecipare!

Ricorda: i corsi sono riservati a un numero ristretto di partecipanti, per garantire la massima personalizzazione ed un’interazione diretta con le docenti.