
“Spazio al benessere”: progettare ambienti di lavoro psicologicamente sostenibili
In un momento storico in cui il concetto di lavoro si sta trasformando radicalmente, progettare spazi capaci di rispondere alle esigenze psicologiche, fisiche e relazionali delle persone è una sfida sempre più urgente. In questa intervista a Lucilla Malara e Donatella Mongera – autrici del libro Spazio al benessere – approfondiamo il ruolo dell’ascolto, dell’osservazione e della psicologia ambientale nella progettazione dei luoghi di lavoro. Un dialogo che rispecchia profondamente i valori di MeM: mettere al centro le persone, creare connessioni tra cultura del progetto e cultura organizzativa, e promuovere una visione dell’abitare fondata sulla sostenibilità psicologica e sociale degli spazi.
Lucilla Malara
Donatella Mongera
MeM: “Il libro evidenzia quanto sia importante ascoltare chi vivrà lo spazio. Avete riscontrato nella vostra esperienza dei casi in cui questo ascolto ha realmente trasformato il progetto di uno spazio di lavoro? Potete raccontarci un esempio concreto?”
L.M. D. M.: “Assolutamente sì. L’ascolto delle persone che vivranno lo spazio è un elemento fondante del nostro approccio progettuale e, nella nostra esperienza, ha trasformato in modo significativo diversi progetti.
Nel nostro processo progettuale poniamo una grande attenzione all’ascolto attivo dei futuri utenti degli spazi, utilizzando strumenti di psicologia applicata come interviste, focus group e mappe di osservazione spaziale e comportamentale. Questo ci consente di andare oltre il tradizionale briefing funzionale, intercettando non solo i bisogni dichiarati, ma anche quelli latenti.
Ascoltare è anche osservare. Leggere uno spazio attraverso mappe comportamentali significa cogliere in profondità abitudini, percorsi e criticità, spesso invisibili a un’analisi superficiale. Questo approccio consente di progettare ambienti più funzionali e coerenti con le reali esigenze, attraverso un ascolto silenzioso ma concreto, basato su dati e osservazione.
Un esempio concreto riguarda un progetto in cui, grazie a interviste e osservazione, è emersa la necessità di spazi riservati per un dipartimento impegnato in attività confidenziali. Questa esigenza, inizialmente inespressa, ha orientato il layout verso soluzioni più protettive e intime, migliorando il benessere e l’efficienza.
In un altro caso, relativo a uno studio legale guidato dalla seconda generazione, l’analisi del DNA aziendale—attraverso interviste e questionari—ha permesso di tradurre i valori fondanti dello studio in scelte architettoniche, dai materiali all’illuminazione, dalla palette cromatica agli elementi biofilici. Il risultato è stato un ambiente capace di rafforzare l’identità aziendale e generare un più profondo senso di appartenenza.
Infine, in un contesto aziendale attento al benessere fisico, abbiamo progettato l’area “Cycle & Run”, nata dall’osservazione delle abitudini quotidiane. Docce, spogliatoi, parcheggi per biciclette e stazioni di ricarica hanno incentivato uno stile di vita attivo e migliorato la qualità dell’esperienza lavorativa.
In tutti questi progetti, l’ascolto e l’osservazione si sono rivelati determinanti per creare spazi in sintonia con le reali esigenze di persone e organizzazioni.”
MeM: “Nel testo si parla di “qualità percettive” dello spazio. Quali sono secondo voi gli elementi più sottovalutati nella progettazione ambientale, ma che hanno un impatto profondo sul benessere psicologico?”
L.M. D. M.: “In una progettazione guidata dai principi della Psicologia Ambientale e Architettonica, gli elementi percettivi sono spesso trascurati, pur avendo un impatto rilevante sul benessere psicologico.
Tra questi: leggibilità e articolazione dello spazio, qualità dell’illuminazione, viste prospettiche, combinazione di materiali, colori e finiture, affordance architettoniche e proporzioni ambientali. Sono tutti aspetti che agiscono sulla percezione e sull’equilibrio psicofisico.
Nel libro approfondiamo anche la Matrice di Preferenza Ambientale di Kaplan & Kaplan (1989), che evidenzia il bisogno umano di comprensione e di esplorazione dello spazio. Da qui derivano quattro fattori fondamentali nella percezione positiva dell’ambiente: coerenza, complessità, leggibilità e mistero.”
MeM: “Spesso il benessere nei luoghi di lavoro è associato a elementi “visibili” come il verde o l’illuminazione naturale. Quali sono, invece, quegli aspetti invisibili ma fondamentali su cui i progettisti dovrebbero iniziare a riflettere di più?”
L.M. D. M.: “È vero: il verde, la luce naturale, gli arredi gradevoli sono elementi spesso messi in primo piano. Tuttavia, il benessere ambientale si fonda anche su fattori invisibili ma cruciali.
Parliamo di qualità e umidità dell’aria, comfort acustico, termico e olfattivo, possibilità di personalizzazione dello spazio (luce, temperatura, ventilazione), gestione della privacy, contenimento dell’affollamento e rispetto dello spazio personale.
Fondamentale è anche la sicurezza psicologica: sentirsi protetti e a proprio agio è il risultato di scelte progettuali consapevoli. La prossemica, per esempio, se ben progettata, può regolare le interazioni sociali, equilibrare collaborazione e concentrazione.
Sono aspetti meno tangibili, ma profondamente influenti, che ogni progettista è chiamato a considerare per creare ambienti di lavoro davvero funzionali e sostenibili dal punto di vista psicologico.”
MeM: “Nel libro c’è un passaggio interessante sull’importanza di luoghi per la rigenerazione e non solo per la produttività. Come si può far comprendere questo approccio alle aziende che ancora temono che “benessere” significhi calo delle performance?”
L.M. D. M.: “Questa è una domanda centrale, perché tocca un nodo culturale cruciale. Il benessere non è il contrario della performance, ma la sua condizione abilitante.
Spazi rigenerativi, dotati di elementi biofilici e progettati per supportare il recupero psicofisico, sono fondamentali nei contesti professionali più sfidanti. Contribuiscono a rinnovare la concentrazione, stimolare la creatività e rafforzare la motivazione.
Temere che il benessere comprometta la produttività equivale a ignorare i costi reali dello stress cronico, della demotivazione e del turnover.
Un ambiente rigenerativo stimola energia e attenzione, facilita l’innovazione, alimenta il potenziale individuale e diventa una leva strategica per l’impresa. Oggi, le aziende più lungimiranti stanno già investendo sulla qualità degli spazi come asset competitivo per attrarre talenti e generare valore.”
Libro – Spazio al benessere
MeM: “Spazio al benessere” è un invito a una nuova cultura del progetto. Che ruolo può avere, secondo voi, la formazione – di architetti, manager o HR – per accelerare questo cambiamento culturale?”
L.M. D. M.: “Viviamo un’epoca di profondo cambiamento, in cui il contesto lavorativo richiede flessibilità e capacità di adattamento. Gli spazi diventano parte integrante della cultura organizzativa, incidendo sulla salute fisica, emotiva e cognitiva delle persone.
Lo spazio comunica modelli di leadership, influenza relazioni e decisioni, e riflette i valori aziendali. Per questo, è fondamentale che architetti, Facility Manager, HR e tutti gli attori coinvolti sviluppino una visione condivisa, in cui lo spazio sia visto non solo come asset funzionale, ma anche strategico.
La formazione è lo strumento chiave per diffondere una cultura del progetto integrata: consente di sviluppare competenze trasversali, un linguaggio comune tra design e management, e attivare progettualità orientate al benessere e al valore.
“Spazio al benessere” è un invito a ripensare gli ambienti di lavoro come parte viva della strategia d’impresa, in grado di generare sostenibilità a livello individuale, organizzativo e ambientale.”
MeM: “Il vostro libro esce in un momento storico in cui la parola “ibrido” domina il discorso sul lavoro. Come cambia il concetto di benessere ambientale quando lo spazio di lavoro non è più un luogo fisico unico, ma diffuso tra casa, ufficio, coworking?”
L.M. D. M.: “Il modello ibrido ridefinisce il concetto stesso di spazio di lavoro. Oggi, gli ambienti in cui si lavora sono molteplici e frammentati, richiedendo un design capace di rispondere a esigenze diversificate.
Negli uffici, diventa prioritario progettare esperienze d’uso significative e rafforzare il senso di appartenenza. A casa, è essenziale garantire ergonomia, comfort e supporto tecnologico. Nei coworking, bisogna facilitare la connessione sociale e prevenire l’isolamento.
È necessario un approccio progettuale ampio, in grado di garantire qualità ambientale e benessere in ogni contesto operativo, sostenendo modelli organizzativi flessibili e promuovendo il benessere diffuso.”
Ringraziamo Lucilla Malara e Donatella Mongera per aver condiviso con generosità visione, esperienza e competenze, contribuendo a diffondere una cultura del progetto più consapevole, centrata sul benessere reale delle persone.
È tempo di ripensare lo spazio come leva strategica.
Che si tratti di un ente pubblico o di un’azienda privata, creare ambienti di lavoro che promuovano benessere, senso di appartenenza e relazioni di valore non è più un’opzione, ma una necessità. Investire nella qualità degli spazi significa prendersi cura delle persone che li vivono ogni giorno, rafforzare l’identità organizzativa e costruire valore duraturo.